home3Per prepare i nostri prodotti, utilizziamo latte crudo refrigerato dopo la mungitura ad una temperatura di 4 °C. (è privilegiante utilizzare latte crudo ove le caseine non hanno subito alterazioni tali da compromettere la filatura del formaggio. Ciò spiega come mai sia pressoché impossibile la produzione casalinga di mozzarelle con latte intero acquistato al supermercato). 


LE “MOZZARELLE LATTE E FIENO” PREPARATE COME DA TRADIZIONE

Il latte intero viene portato ad una temperatura di 38-40°C e sottoposto a coagulazione ed acidificazione biologica per aggiunta di caglio (tipicamente di vitello) con un siero “acido” di latte completamente naturale, proveniente dalla precedente caseificazione e fatto “maturare” almeno un giorno (sieroinnesto naturale).

Dopo circa mezz’ora il latte è già cagliato, ossia ha assunto una consistenza più densa, quindi la cagliata viene rimestata con forza media, in modo da ottenere dei grani non eccessivamente piccoli, della grandezza più o meno di un chicco di mais o poco più.

Il tempo di maturazione è molto variabile, e determinare quando la massa è pronta per la lavorazione è sicuramente la cosa più difficile di tutto il procedimento.
Tale tempo varia di solito da circa 2 ore a 3 ore e mezza, ma dipende da moltissimi fattori (temperatura climatica, acidità del siero).

Durante la maturazione, l’attività dei batteri lattici “starter” (o di quelli naturalmente presenti nel latte crudo) porta alla formazione di prodotti del metabolismo che oltre all’acidificazione della cagliata esaltano le caratteristiche organolettiche del prodotto.

Il processo di acidificazione della cagliata e della pasta è fondamentale per una buona produzione di mozzarella, poiché permette la successiva filatura.

Per poter filare, infatti, la pasta di partenza deve avere un certo grado di acidità, che può essere ottenuto tramite fermentazione ad opera di microrgarnismi, come facciamo noi di Latte e Fieno (tecnica tradizionale) o tramite l’aggiunta di acido citrico o lattico (tecnica industriale), o con sistemi misti.

La pasta dovrebbe essere pronta quando raggiunge un PH di circa 5, con l’uso di un PHametro. Il metodo migliore resta comunque quello di verificare, dopo circa un paio d’ore dalla rottura della cagliata, se la pasta fila o no e se è quindi pronta per essere trasformata in mozzarelle.

Si preleva con un cucchiaio un po’ di cagliata, la si immerge in acqua a 90 gradi e la si lavora un po’ con la punta di un coltello.
La si toglie quindi dall’acqua e si tira, tenendola con l’indice e il pollice delle due mani, per vedere se fila o no, rituffandola eventualmente nell’acqua bollente dopo aver cominciato a tirare.

Se la pasta non è pronta, la consistenza è dura e granulosa, e la pasta si spezza immediatamente invece di filare. Si ricontrolla ogni mezz’ora e a mano a mano che la pasta si avvicina al punto di “filatura” la consistenza del “campione di filatura” è sempre meno granulosa e sempre più filamentosa.
La pasta è pronta quando si allunga senza problemi fino a circa un metro.

A questo punto bisogna tagliare il panetto di massa a metà e lo si tira fuori dal siero, per farlo spurgare.
Tagliare ogni parte nel senso della lunghezza a strisce di circa 1-2 mm di spessore, versare  acqua calda (tra i 70 e gli 80 gradi). La massa comincia a fondere e ad “amalgamarsi” in un unico panetto filamentoso.

La filatura consiste essenzialmente nello stirare la pasta di cagliata, ammorbidita per immersione in acqua calda, finché si trasforma in una treccia di pasta setosa, lucida e morbida, ma soprattutto plastica e formabile, dalla quale si possono staccare dei pezzi tondeggianti che, una volta “mozzati”, cioè staccati per torsione dalla treccia, vengono plasmati nella forma desiderata e fatti consolidare raffreddandoli in acqua.

Le mozzarelle, in particolare, vengono consolidate per immersione in acqua fredda corrente (che va mantenuta tale, ad 8-10°C) per 30-60 minuti, eventualmente poste in salamoia e confezionate con il liquido di governo (impropriamente detto “latticello”).

Rispetto alle mozzarelle di produzione industriale, la nostra mozzarella ricavata usando il sieroinnesto naturale è più povera di lattosio, in quanto lo stesso viene consumato dai microrganismi del latte crudo (o da quelli innestati). IMPORTANTE: Ecco perchè a chi è intollerante al lattosio i nostri prodotti fanno meno male!

Le mozzarelle NON vanno mangiate fredde di frigo.


Produzione industriale della mozzarella con acido citrico

A livello industriale è più diffuso un tipo particolare di mozzarella ricavata per acidificazione additiva (e non biologica, quindi senza starter) per aggiunta di acido citrico, che accelera (e soprattutto standardizza) i tempi di produzione e limita i costi. Infatti, con l’aggiunta di acido citrico (1,1/1,3 grammi per litro di latte posti in soluzione acquosa al 6-10%.) al latte freddo (15°C) sotto agitazione fino a pH 5,6-5,8, la pasta uscita dalla coagulazione è quasi pronta per la filatura (non servono le 3-6 ore di maturazione viste in precedenza). In sostanza, al latte freddo (8°-16°C) si aggiunge l’acido organico (citrico e/o lattico e/o gluconodeltalattone), si riscalda lentamente fino ad una temperatura di 33-35°C, si aggiunge il caglio e si lascia riposare per 30 minuti. Segue la rottura della cagliata e, dopo averle lasciato qualche minuto di tempo per depositarsi ed acidificare, non appena comincia a legare si estrae lasciandola spurgare dal siero in eccesso per qualche minuto prima di passare direttamente alla filatura, che avviene ad un pH leggermente superiore rispetto al procedimento artigianale (5,6 – 5,8).

Questa mozzarella “industriale” si riconosce perché nell’elenco degli ingredienti figura la presenza di un “correttore di acidità”, che come abbiamo visto può essere: acido citrico e/o acido lattico e/o acido gluconodeltalattone. E’ tipicamente più ricca di lattosio, quindi più dolce ma meno digeribile, presenta un aroma meno intenso (sapore più anonimo), una consistenza morbida e si conserva più a lungo. La qualità è quindi inferiore anche se gli acidi utilizzati, come quello citrico, sono comunque “naturali”, essendo abbondantemente presenti in natura (ad esempio nei limoni e delle arance).